Nell’ambito del ciclo d’incontri con autorevoli giuristi sul tema del regionalismo, pubblichiamo, questa settimana, un’intervista al Prof. Vincenzo Baldini, Ordinario di Diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.
Professore, si può sostenere che la cultura dell’autonomia, e in particolare dell’autonomia regionale, si sia veramente affermata tra gli studiosi, tra i protagonisti della politica e nell’opinione pubblica del nostro Paese?
In generale, la sensibilità verso lo sviluppo delle autonomie territoriali, in particolare dell’autonomia regionale, secondo il modello costituzionale, é andata nel tempo crescendo soprattutto all’interno del mondo politico, poiché la dottrina costituzionalistica ha sempre rivolto una peculiare attenzione scientifica ai temi dell’ordinamento regionale e della forma di Stato autonomistica. Il mondo politico, infatti, soprattutto dagli inizi degli anni ’90 (con l’incedere di forze politico-parlamentari piú specificamente miranti allo sviluppo dell’autonomia), ha dedicato maggiore attenzione alla realizzazione dell’istanza autonomistica.
Che consigli darebbe, quanto ai temi da approfondire e al metodo da adottare, a chi, oggi, volesse avvicinarsi allo studio del regionalismo in Italia, della sua teoria e delle sue applicazioni?
Il metodo del giurista di diritto pubblico è, essenzialmente, connesso allo studio delle fonti e dei materiali normativi, con la prospettiva di ricostruire, secondo un approccio deduttivo, modelli e struttura ordinamentale dell’assetto regionale. Credo che a tal fine occorra muovere, ovviamente, dal “figurino” costituzionale, procedendo attraverso l’analisi degli Statuti e delle fonti legislative statali per arrivare alle fonti dell’ordinamento regionale (tipologia della legislazione, potestá regolamentare, etc.), ed, in fine, alle questioni di maggior rilievo in merito al riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni affrontate dalla giurisprudenza costituzionale.
Nella letteratura italiana e internazionale su autonomia, regionalismo e concetti affini, quali sono i classici la cui lettura lei ritiene fondamentale per chi voglia avvicinarsi allo studio del regionalismo?
Credo che nel percorso formativo del giurista regionalista sia del tutta opportuna la lettura di “classici”, quali, ad es., per il profilo dell´analisi storica, Ruffilli, “La questione regionale (1862-1942), (Milano, 1971), Rotelli “L’avvento della Regione in Italia” (Milano, 1967).
Sull’ordinamento delle Regioni, valga per tutti il riferimento al Manuale di Paladin, Diritto regionale, (Padova, 1992). Sugli Statuti regionali, di sicuro rilievo è il lavoro monografico di De Siervo, Gli Statuti delle Regioni (Milano, 1974) come, per la parte relativa ai referendum, la monografia: “Il referendum negli Statuti regionali” di Michele Scudiero.
Con riguardo alla legge regionale, segnalerei la monografia di Paladin, La potestá legislativa regionale (Padova, 1958), oltre agli interessanti lavori di Mortati e Crisafulli, pubblicati nel volume che raccoglie gli atti del terzo Convegno di studi giuridici sulla Regione (Milano, 1962).
Sul versante internazionalistico, di fondamentale importanza formativa sono alcuni lavori in materia di Stato federale della letteratura tedesca, quali, ad es., H. Nawiasky, Der Bundesstaat als Rechtsbegriff, 1920; K. Hesse, Der unitarische Bundesstaat, 1962; G. Kisker, Kooperation im Bundesstaat, 1972.
A cura di Alessandro Morelli